Rex guardami! |
A me gli occhi!
Guardo i grandi occhi tondi, le pupille dilatate del cocker fulvo, mi sta fissando. Mi fissa negli occhi. Houston... abbiamo un problema, mi sussurra la vocina dentro la testa. Controllo il respiro, e continuo a lavorare. Il cane sembra rilassarsi. Però continua a fissarmi. Dopo alcuni minuti, ho una illuminazione “Hai insegnato al tuo cane a guardarti negli occhi?” “Sì, mi hanno spiegato che così aumento la sua attenzione verso di me”
“Oh...” “Perché, non va bene?” “Non saprei, io preferisco non rinforzare mai con il cibo i comportamenti sociali”. Voglio sapere se un cane mi sta fissando perché è minaccioso, senza chiedermi se fissare negli occhi gli è stato insegnato a forza di click e bocconcini. Lo sguardo svolge ha una importanza fondamentale nella comunicazione sociale, ed è importante che mantenga la funzione e il significato di comunicazione sociale.
Avere attenzione dal proprio cane non si misura in quante volte o per quanto tempo il cane ci guarda in viso, ma in quanto è attento alle nostre informazioni, quanto valore da a noi e alle nostre informazioni. Nell’obbedienza sportiva insegno al cane a ascoltare i segnali anche quando non sta guardando il conduttore. Non gli insegno a guardarlo in viso, e non uso cibo per pagare questo comportamento, l’attenzione sociale viene rinforzata attraverso il contatto, la voce, la possibilità di fare qualcosa insieme, di divertirsi.
educazione cane
“Watch me!”
Conferenza internazionale dedicata agli istruttori cinofili, Bruges, 2002. Sono molto curiosa di vedere la dimostrazione pratica di una relatrice che mi è piaciuta molto, Patricia Mc Connel (”All’altro capo del guinzaglio”). E’ sul palco, e viene introdotto in sala un maschio di pastore svizzero bianco. Il cane, ci spiegano, ha problemi di aggressività verso gli altri cani, soprattutto al guinzaglio (sic).
La relatrice americana prende un bocconcino, con voce un po’ stridula dice “watch me!” e non appena il cane la guarda, click e bocconcino. Dopo varie ripetizioni viene introdotto in sala un secondo cane. Il pastore viene distratto con il cibo, e rinforzato quando guarda in viso il proprietario. Applausi.
Ho rivisto varie volte questo tipo di dimostrazioni, forse anni fa ho persino usato questa tecnica, ma oggi non la ritengo molto utile ed efficace. Distogliere l’attenzione del cane con del cibo può aiutare il proprietario a gestire la situazione, ma in che modo aiuta il cane? Secondo la mia esperienza, esiste un forte rischio di indurre uno stato di evitamento: il cane non guarda ciò che lo preoccupa.
Se il lavoro è sistematico, il cane può persino non osare più guardare. Non solo: la capacità del cane di relazionarsi con ciò che lo preoccupa non cambia nel tempo, non migliora. Io voglio che il cane guardi, e voglio vedere la sua reazione. Voglio vedere a che distanza reagisce, come reagisce, se le sue capacità di controllare le proprie emozioni e scegliere altri comportamenti aumenta nel tempo. Non ho fretta, non mi interessa “risolvere” il problema in tre sessioni di lavoro; non ho paura di perdere il controllo del cane, perché uno o mille bocconi non cambieranno la sua capacità di relazionarsi con il suo reale problema. La mia filosofia è usare i comportamenti sgraditi come indicatori della capacità del cane di fare o non fare di meglio, e lavorare non alla manifestazione del problema, ma alle cause e alle competenze del cane.
Una strada che molti troveranno più complessa e impegnativa, ma che nella mia esperienza garantisce migliori risultati, e tutela maggiormente il benessere del cane.
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