lunedì 13 giugno 2011

Convincere o costringere? - di Alexa Capra

Lascia...
Volete insegnare al cane a tornare al richiamo.
A sedersi a comando.
A camminare al guinzaglio senza tirare.
A non rincorrere il gatto…

Avete due alternative:
convincerlo o costringerlo?


Per costringere un cane a fare qualcosa bastano un collare, un guinzaglio e un po’ di muscoli. Per convincerlo serve tempo e cervello. E’ più facile quindi scegliere la prima alternativa. Anche chi addestra cani, per lavoro o per diletto, prima o poi si trova inevitabilmente allo stesso bivio.

Le scuole di pensiero sono divise: c’è chi rifiuta ogni forma di coercizione. Le tecniche “dolci” fanno leva sulla motivazione, sulla collaborazione e soprattutto sulla perfetta comprensione del comportamento e dei meccanismi di apprendimento.
E’ la scuola “gentile”.

Chi preferisce i sistemi tradizionali, sfrutta le esperienze del passato nell’addestramento dei cani da utilità, la manipolazione fisica, la
dominanza, l’apprendimento in condizioni di stress.
E’ la scuola dei “duri”.

C’è anche chi si trova in una posizione intermedia: rifiuta la coercizione, e strumenti come il collare elettrico e il collare a punte, ma fa largo uso di metodi tradizionali, come lo strattone con il collare a strangolo nella condotta e nel richiamo.
E’ la "via di mezzo".

Non è facile premiare i comportamenti graditi. E’ più naturale vedere e correggere i comportamenti sgraditi. Sgridare il cane quando “sbaglia”. In questo modo non si risolvono i problemi: a volte si peggiorano! Cercare di strappare un oggetto di bocca al cane aumenta la possessività e la competizione: il cane impara a scappare, inghiottire in fretta o stringere le mandibole.

LA SCUOLA GENTILE
La scuola “gentile” è nata circa 20 anni fa negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Con la diffusione delle gare di sola obbedienza e più tardi dell’Agility, tutte le razze hanno avuto accesso ai campi di addestramento. Prima erano riservati alle razze da utilità: Pastore Tedesco, Dobermann, Boxer, Rottweiler e così via. Inoltre sono stati ammessi anche i cuccioli.

Questo ha portato a un forte cambiamento nell’approccio all’addestramento. Non si trattava di ottenere dei risultati con qualunque sistema. O di ottenerli in fretta. Si trattava di educare e addestrare il cane di casa, il cucciolo.

Si è cominciato a usare di più i premi. E di meno le punizioni. Finché qualcuno non ha cominciato a credere che per imparare sono più importanti i premi. E molto meno le punizioni.

L’apprendimento passa attraverso diversi stadi: la motivazione, il rinforzo, il condizionamento selettivo.
Il cane è libero di interagire con l’uomo e l’ambiente, e di scegliere la risposta che di volta in volta risulta più vantaggiosa.

La nuova filosofia è: premiare il comportamento gradito, e ignorare il comportamento sgradito. Il cane impara a riconoscere e preferire alcuni comportamenti, e quindi ad associarli a un comando.


LA SCUOLA DEI " DURI "
Anche nei campi di addestramento da utilità, dove gli allievi continuavano ad essere cani di grande taglia, selezionati per le prove di difesa, si cominciava a parlare di motivazione. Il cane non doveva solo eseguire un esercizio, doveva essere (o quantomeno sembrare) contento di eseguirlo.

In gara venivano premiati i più veloci e brillanti. Comparivano le prime palline, i primi bocconcini, le carezze di premio. Queste tecniche, non hanno però mai soppiantato i metodi coercitivi. Si continua a punire il cane perché non esegue l’esercizio richiesto, o non lo esegue nel modo richiesto. Il cane DEVE obbedire.

L’apprendimento passa attraverso due fasi: l’impostazione (spesso breve e non sempre gentile) e la fase di “correzione”: il cane viene punito ogni volta che sbaglia. Viene anche premiato quando esegue nel modo corretto (da qui la vecchia teoria del premio/punizione).

La filosofia tradizionale è: mettere il cane in condizione di non poter fare altro che quello che gli viene richiesto. Punirlo quando sbaglia finché non impara che l’unico modo per evitare la punizione è obbedire.

LA VIA DI MEZZO
Chi adotta la via di mezzo conosce i vantaggi di un approccio gentile. Ma è convinto di non poter ottenere obbedienza senza una prova di forza, una correzione, la sottomissione del cane. Tende quindi a confondere due aspetti ben distinti del rapporto con il cane: l’apprendimento e la gerarchia. La filosofia della via di mezzo è: vanno bene i metodi “gentili” e la motivazione, ma prima o poi è sempre necessario ricorrere alla forza e alla dominanza, ai metodi coercitivi.

L’errore di base della filosofia di mezzo (oggi la più diffusa) è confondere due elementi diversi: l’apprendimento e la gerarchia.
Prendete l’esercizio del seduto. Dal punto di vista tradizionale, significa che quando ordinate “siedi” il cane deve sedersi. Deve obbedire al primo comando, e in qualunque condizione. Giusto? SBAGLIATO.

State guardando l’esercizio dalla parte sbagliata: da quella dell’uomo invece che da quella del cane. Dalla fine invece che dall’inizio. E’ quello che succede con i metodi tradizionali.

giovedì 9 giugno 2011

Mantrailing: condizionamento negativo

Una cosa che purtroppo ho visto spesso anche in altre discipline fuori dal Mantrailing come la ricerca in superficie, è quella di bruciare le tappe e di aver fretta di fare tutto nel minor tempo possibile. Chi ha lavorato nell'addestramento in questo momento sta già sorridendo e forse sta pensando a quel conduttore, o a quell'altro... che hanno fatto passi da gigante all'inizio e poi improvvisamente... il crollo nella crisi più assoluta; chi invece pensa a se stesso sorride un po meno perché sa quanto ci è voluto a ricostruire tutto dall'inizio.

Un errore comune tra i principianti Mantrailer, a causa dell'ambizione di arrivare subito, è di portare il cane in Overstretching (letteralmente tirare troppo o sovraccaricare) non avendo la pazienza di aspettare che il cane maturi le sue competenze con esercizi appropriati.

Quali sono altri gli errori più comuni vengono fatti?
Ve ne dico uno che non è assolutamente da sottovalutare.

Un cane inizialmente deve essere corretto e quindi acquisisce esperienza e impara a lavorare in modo preciso e autonomo perché glielo insegniamo. Ma ecco il punto dove in agguato troviamo il tranello. Facciamo un esercizio e diciamo all'istruttore di non voler sapere dove si trova il figurante, in fondo siamo già molto bravi con il nostro cane. Vi ricordo che io sono del parere che il conduttore non deve mai sapere dove è passato il figurante. Ma allora? Dove sta il problema?
La natura umana è incline all'ingannare e a speculare. Chi di voi non ha mai cercato di vedere il figurante mentre si allontana, scagli la prima pietra! È proprio questo il problema. Se noi abbiamo un indizio o peggio, pensiamo di averlo, inevitabilmente condizioneremo il nostro cane.

Ma chi deve guidare? (forse capirete perché nelle auto di solito troviamo un solo volante)
Quando percorriamo il Trail nel nostro esercizio con un cane di un certo livello, non dovremmo fare altro che seguirlo. Il nostro compito è stargli dietro e gestire il guinzaglio in modo che non tocchi a terra, e nient'altro! Ricordate che è il cane, non voi che deve guidare, voi siete il passeggero e guai a voi se toccate il volante.

Ma si, lo so... alla partenza si è tutti stressati come se fossimo noi a dover annusare; e quì cominciano le paranoie... mentre lavoriamo vediamo che l'istruttore si ferma... allora pensiamo subito che siamo su un falso e condizioniamo il cane con il solo pensiero e atteggiamento, e torniamo indietro, e facciamo fare rotonde di controllo, e stressiamo il nostro povero cane. Mentre lavoriamo pensiamo e speculiamo su dove potrebbe essere andato a nascondersi il figurante... e nella maggior parte dei casi il cane alla fine va dove pensiamo noi e non dove lui sarebbe andato con un conduttore meno complicato dall'altra parte del guinzaglio. Ancora una volta condizioniamo il nostro cane.

Non sottovalutate mai questo aspetto!
Rex, il mio Pastore Tedesco, me lo ha confermato molte volte su come è sensibile rispetto ai miei atteggiamenti. Quando mi alzo dalla poltrona e Rex è sul tappeto nel suo angolino mi ignora quasi completamente, o diciamo che mi guarda con la coda dell'occhio. Ma quando penso: "ora mi alzo e porto fuori il cane a fare i suoi bisogni" ...quando mi alzo fa un balzo in aria e mi gira intorno entusiasta della mia scelta di alzarmi dalla poltrona per andare a spasso. Vi garantisco che non ho ancora capito bene quale indizio io lasci al cane.

Ora vi racconto un mio errore durante un esercizio, che è lo spunto di questo Post... Ci ho messo un mese a elaborare e capire il motivo di un certo comportamento di Rex. E proprio oggi credo da avere la risposta.
Mi trovavo ad un corso intensivo di addestramento di tre giorni per cani di superficie e Mantrailing. Quel giorno c'è stato preparato un esercizio notturno lungo un chilometro e mezzo. Una simulazione reale dove io come conduttore non sapevo nulla fino all'ultimo minuto prima della partenza.

L'esaminatore mi avrebbe chiamato via radio e dato le coordinate su dove trovarmi per ricevere le istruzioni della Polizia (simulate) e l'indumento.

Io ho percepito da una discussione che l'esaminatore faceva nel pomeriggio con i figuranti che per un po li avrebbe seguiti in macchina, non volevo sentire... ma ho sentito.

Inizia l'esercizio:
Quando inizia l'esercizio mi trovo sul posto e Rex mi fa una partenza molto buona e mi da una forte garanzia che è sulla pista giusta,  proprio sulla strada asfaltata. Ad un certo punto lascia la strada si infila in ciò che a me sembrava una piazzetta. Fra me ho pensato... (ECCO L'ERRORE, NON DOVEVO PENSARE) ...ho pensato che se l'esaminatore seguiva i figuranti con l'auto era improbabile che fossero andati di li, Rex poi mi alza la testa gira da solo (da solo ero convinto io) e torna indietro continuando sulla strada. Io fra me e me ho pensato che Rex mi stava confermando ciò che era logico.
Ma poi dopo una cinquantina di metri sulla strada sono cominciate le difficoltà, negativi a destra, negativi a sinistra, negativi diritti... Ho lavorato per circa 40 minuti per poi piano piano tornare su quella fatidica piazzetta dove Rex mi ha riportato. Non era una piazzetta il buio della notte mi ha ingannato, ma era una stradina dove l'istruttore poteva benissimo seguire i figuranti stando in auto.

Grande Rex, ha lavorato molto bene, nonostante il mio condizionamento poi ha preso la pista giusta  ma quei 40 minuti nei falsi di notte li abbiamo pagati in resistenza avendo bruciato le energie. Tutta colpa mia... e Rex non me l'ha nemmeno fatta pesare. Il più che mi dispiace è che io ho fatto cena ma Rex non ha ricevuto compenso per il suo ottimo lavoro. Sarebbe dovuto essere il contrario.

State attenti a non condizionare il cane, altrimenti gli esercizi saranno sempre più lontani da quella che è la realtà di una ricerca reale.

Alcune cose che potrebbero condizionare il cane di Mantrailing
- Osservare il comportamento di chi ci segue per capire se è giusto o no il lavoro
- Speculare su come potrebbe essere preparato l'esercizio
- Cercare di osservare il figurante mentre va a nascondersi
- Concludere che il cane è attratto da altro...

il resto ditemelo voi...

giovedì 2 giugno 2011

Guardami! - di Alexa Capra

Rex guardami!
Il “guardami” è una delle strategie più comuni a diversi problemi con il cane: prendete un bocconcino, richiamate l’attenzione del cane, e premiatelo quando vi guarda. Si usa per aumentare l’attenzione del cane nell’addestramento all’obbedienza; si usa per aumentare l’attenzione del cucciolo verso il proprietario nei corsi per cuccioli; si usa per gestire comportamenti problematici, distogliendo l’attenzione del cane da ciò che lo spaventa o scatena le sue ire. E’ semplice, è “gentile”, ma è realmente efficace? Quali effetti ha sul comportamento del cane?


A me gli occhi!
Guardo i grandi occhi tondi, le pupille dilatate del cocker fulvo, mi sta fissando. Mi fissa negli occhi. Houston... abbiamo un problema, mi sussurra la vocina dentro la testa. Controllo il respiro, e continuo a lavorare. Il cane sembra rilassarsi. Però continua a fissarmi. Dopo alcuni minuti, ho una illuminazione “Hai insegnato al tuo cane a guardarti negli occhi?” “Sì, mi hanno spiegato che così aumento la sua attenzione verso di me”
“Oh...” “Perché, non va bene?” “Non saprei, io preferisco non rinforzare mai con il cibo i comportamenti sociali”. Voglio sapere se un cane mi sta fissando perché è minaccioso, senza chiedermi se fissare negli occhi gli è stato insegnato a forza di click e bocconcini. Lo sguardo svolge ha una importanza fondamentale nella comunicazione sociale, ed è importante che mantenga la funzione e il significato di comunicazione sociale.
Avere attenzione dal proprio cane non si misura in quante volte o per quanto tempo il cane ci guarda in viso, ma in quanto è attento alle nostre informazioni, quanto valore da a noi e alle nostre informazioni. Nell’obbedienza sportiva insegno al cane a ascoltare i segnali anche quando non sta guardando il conduttore. Non gli insegno a guardarlo in viso, e non uso cibo per pagare questo comportamento, l’attenzione sociale viene rinforzata attraverso il contatto, la voce, la possibilità di fare qualcosa insieme, di divertirsi.
educazione cane

“Watch me!”
Conferenza internazionale dedicata agli istruttori cinofili, Bruges, 2002. Sono molto curiosa di vedere la dimostrazione pratica di una relatrice che mi è piaciuta molto, Patricia Mc Connel (”All’altro capo del guinzaglio”). E’ sul palco, e viene introdotto in sala un maschio di pastore svizzero bianco. Il cane, ci spiegano, ha problemi di aggressività verso gli altri cani, soprattutto al guinzaglio (sic).
La relatrice americana prende un bocconcino, con voce un po’ stridula dice “watch me!” e non appena il cane la guarda, click e bocconcino. Dopo varie ripetizioni viene introdotto in sala un secondo cane. Il pastore viene distratto con il cibo, e rinforzato quando guarda in viso il proprietario. Applausi.
Ho rivisto varie volte questo tipo di dimostrazioni, forse anni fa ho persino usato questa tecnica, ma oggi non la ritengo molto utile ed efficace. Distogliere l’attenzione del cane con del cibo può aiutare il proprietario a gestire la situazione, ma in che modo aiuta il cane? Secondo la mia esperienza, esiste un forte rischio di indurre uno stato di evitamento: il cane non guarda ciò che lo preoccupa.

Se il lavoro è sistematico, il cane può persino non osare più guardare. Non solo: la capacità del cane di relazionarsi con ciò che lo preoccupa non cambia nel tempo, non migliora. Io voglio che il cane guardi, e voglio vedere la sua reazione. Voglio vedere a che distanza reagisce, come reagisce, se le sue capacità di controllare le proprie emozioni e scegliere altri comportamenti aumenta nel tempo. Non ho fretta, non mi interessa “risolvere” il problema in tre sessioni di lavoro; non ho paura di perdere il controllo del cane, perché uno o mille bocconi non cambieranno la sua capacità di relazionarsi con il suo reale problema. La mia filosofia è usare i comportamenti sgraditi come indicatori della capacità del cane di fare o non fare di meglio, e lavorare non alla manifestazione del problema, ma alle cause e alle competenze del cane.
Una strada che molti troveranno più complessa e impegnativa, ma che nella mia esperienza garantisce migliori risultati, e tutela maggiormente il benessere del cane.